Il 2020 è stato per le aziende una specie di anno zero. Moltissimi si sono “scontrati” con l’improvvisa necessità di passare al digitale. In quattro e quattr’otto , in pieno lockdown, se volevano continuare l’operatività dovevano passare a quella modalità lavorativa che in Italia ha preso il nome di “Smart Working” anche se in altre parti del monto lo hanno chiamato più semplicemente “Remote Working” perché il lavorare da casa non è sempre così smart.
La corsa alla digitalizzazione ha costretto molti a trovare soluzioni raffazzonate, in cui di digitale c’erano solo le riunioni zoom e l’uso della mail. Con il passare del tempo, però sono stati scoperti molti lati positivi di questa nuova modalità lavorativa e si è iniziato a pensare allo Smart Working come una soluzione strutturale e non più soltanto come un provvisorio escamotage al lockdown.
Lo Smart Working, se ben organizzato, può essere un vantaggio sia per l’azienda che per il lavoratore.
👉 Un sondaggio sul lavoro a distanza mostra che il 73% dei dipendenti vorrebbe lavorare in remoto almeno due giorni alla settimana, anche una volta superato il problema COVID-19. Allo stesso modo, il 55% dei dirigenti è disposto a migliorare le possibilità per i dipendenti di lavorare fuori dall’ufficio.
Naval Ravikant, fondatore di AngelList, ci ricorda che “La visione del lavoro da remoto come categoria separata rispetto a quello tradizionale è destinata a finire nel giro di un decennio o due. Gli strumenti non sono ancora sufficienti per effettuare questa transizione, ma migliorano giorno dopo giorno. Saremo partecipi di un’era in cui le aziende assumeranno soltanto per lavori da remoto, ci dobbiamo preparare a questo scenario, anche se ci vorrà del tempo. Sarà un processo lungo e a tratti doloroso, ma è ormai inarrestabile”.
Questo significa che lo Smart Working è parte integrante di un nuovo modello organizzativo che vede la progressiva smaterializzazione di molti processi aziendali con modifiche strutturali ad intere parti dell’organizzazione aziendale.
Il problema è come affrontare questo percorso. Vi lascio 5 temi su cui riflettere.
- Strategia e modello operativo. Occorre ripensare alla strategia e al modello operativo adottato, identificare le parti che possono essere messe in remoto e quelle che invece devono rimanere in azienda. Capire gli sviluppi dell’online nel futuro prossimo.
- Organizzazione e processi. Quali parti dell’organizzazione possono lavorare in remoto? Quali possono lavorare sia da casa che in ufficio? Quali processi hanno bisogno della presenza in ufficio? Digitalizzando i processi si possono liberare risorse in smartworking (nota: se l’amminitrazione ha tutto su carta, come faccio a farla lavorare da casa?) ma i processi vanno ridisegnati pensando al futuro e non cristallizzando il presente. Di conseguenza ci potranno essere sensibili cambiamenti al modello organizzativo aziendale, pare strano avere la stessa organizzazione di dieci anni fa per affrontare i problemi di domani.
- Meccanismi di controllo. Lavorare in smart working vuol dire avere persone che non sono più misurate sul tempo di lavoro, sul controllo “fisico” della presenza alla scrivania, ma sulle attività svolte e sui risultati raggiunti. Occore cambiare questi meccanismi per non creare cortocircuiti nei processi di controllo e premialità e quindi influenzare negativamente le prestazioni del collaboratore. Ci sono nuove metodologie (es. OKR) che funzionano perfettamente nel nuovo contesto.
- Cultura. Ci vuole una cultura specifica per lavorare in smart working, soprattutto da parte del management che deve imparare a guidare una squadra che non è più nell’ufficio accanto. Lo stile di management deve cambiare, occorre crescere nella leadership, diventare motivatori e aiutare i propri collaboratori ad agire i conseguenza. Lo smart working richiede molta iniziativa personale. In questo articolo trovate 5 consigli di leadership per gestire lo smart working.
- Tecnologie e formazione. Tutto bello, ma senza gli opportuni investimenti in tecnologie e un’adeguata formazione non riusciamo ad andare molto lontano. Gli investimenti non riguardano soltanto la digitalizzazione dei processi interni o la creazione di una infrastruttura IT adeguata, ma anche le dotazioni dei propri collaboratori che non sono tenuti ad avere pc o postazioni adeguate a casa. E’ quindi necessario fornire gli opportuni strumenti di lavoro da remoto. Non temete, questo piccolo investimento in attrezzatura sarà ampiamente ripagato dal miglioramento delle prestazioni lavorative di tutta l’azienda.
Qui un articolo su Medium con alcuni miei approfondimenti (approfondisci su Medium).